Quando È Nata L’Opera Lirica?

Introduzione

In questo articolo ci occuperemo, nel modo più pratico e sintetico possibile, di parlare del contesto di nascita dell’Opera Lirica (altrimenti detta Melodramma). Partiremo da considerazioni di carattere storico, per capire gradualmente che la comparsa di uno stile musicalmente così complesso non è stata improvvisa, ma ha richiesto una lunga preparazione durata diversi secoli.


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Quando È Nata L’Opera Lirica?

L’Opera Lirica è nata tra il Cinque e il Seicento: infatti, è solo intorno alla fine del XVI Secolo che s’inizia a parlare propriamente di Melodramma. In questi anni avvennero complessi mutamenti stilistici che continuarono nel secolo successivo: la novità dell’Opera Lirica fu quella di configurarsi come un gigantesco, articolato macchinario che andava a coinvolgere compositori, librettisti, costumisti, cantanti, strumentisti, scenografi, ballerini etc. in un’unica rappresentazione teatrale.

Il Contesto Storico

Le arti teatrali del Cinquecento si stavano da tempo rimettendo in contatto coi modelli della classicità, ne sono esempi Orfeo di Poliziano (1480), prima opera letteraria di contenuto profano, o la tradizione dell’Arcadia, che idealizzava l’ambiente aristocratico ponendolo in un contesto bucolico ricco di allusioni alla mitologia classica. Alla fine del Cinquecento, forti della convinzione che in antichità le tragedie fossero interamente cantate, il librettista Ottavio Rinuccini e il musicista Jacopo Peri s’ispirarono ai modelli classici per compore una Dafne (1598) poi rappresentata a Firenze. Oggi diamo per scontato che la tragedia classica non fosse interamente cantata, ma nel Rinascimento le conoscenze sull’Antichità erano embrionali e spesso contraddittorie. In ogni caso, questa è la prima composizione della Storia Della Musica che possiamo considerare un’opera in senso moderno. Ma l’Opera in Musica del Cinquecento era qualcosa di molto diverso da quello che immaginiamo oggi: per tutti i secoli compresi tra il Cinquecento e il Settecento, le morti in scena erano rarissime; inoltre le rappresentazioni avevano luogo perlopiù in privato, solitamente in ambienti aristocratici. Della nascita dei primi teatri concepiti per la rappresentazione pubblica dell’opera in musica abbiamo parlato in un precedente articolo, che trovi qui.

Un’Opera Per Aristocratici

Le scenografie dell’opera di corte erano spettacolari e sfarzose; il pubblico era molto selezionato, il committente invitava una ristretta cerchia di persone selezionate per guadagnare da loro onore e prestigio. Per pubblicizzare l’opera agli aristocratici, spesso si ricorreva, oltre all’invito privato, anche alla stampa che allora era riservata agli abbienti. Per questi motivi gli allestimenti erano costosissimi, specie se rapportati all’esiguità del pubblico e al fatto che non ci fossero repliche: gli spettacoli venivano rappresentati una sola volta, nascevano e morivano in un singolo evento. Orfeo di Monteverdi, rappresentato nel 1607, costituì una rara eccezione perché fu a tutti gli effetti replicato: il motivo era legato alla sala in cui ebbe luogo l’allestimento, troppo angusta per contenere il numero desiderato d’invitati.


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Orfeo ed Euridice di Frederic Leighton (1864)

L’Eredità Storiografica

Purtroppo la partitura integrale della Dafne non è sopravvissuta sino ai giorni nostri: per tale motivo quando si vuole dare un’idea del genio compositivo di Jacopo Peri si cita la successiva Euridice (su libretto, anche in questo caso, di Rinuccini). Di seguito trovi l’ascolto integrale dell’opera.

Orfeo Di Claudio Monteverdi


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Simile alla Euridice di Peri è Orfeo di Claudio Monteverdi: l’unica differenza tra i libretti delle due opere è nell’aderenza ai temi della mitologia classica, più pronunciata in Monteverdi che in Peri. Parleremo in modo più approfondito di questo capolavoro nella monografia dedicata all’autore: voglio tuttavia proportene un ascolto perché si tratta di una delle primissime opere che la corte di Mantova, sulla scia del successo fiorentino, si occupa di curare e rappresentare in una sala del Palazzo Ducale: in quell’occasione, a ognuno dei partecipanti fu dato in mano il libretto dell’opera, così che potesse comodamente seguirne il contenuto. Di seguito troverai anche una partitura ridotta al pianoforte per poter suonare quest’opera comodamente seduto al tuo strumento. Ti consiglio vivamente questa pratica, frequentatissima da Vladimir Horowitz, perché lo studio dei linguaggi operistici è un passaggio fondamentale per guadagnare abilità nell’arte dell’ottenere un suono cantabile, per migliorare il proprio tocco in generale e strutturare la propria forma mentis su una scrittura insolita per il repertorio strettamente pianistico. Se ordinerai la partitura dal banner in basso, una piccola percentuale del tuo acquisto andrà a sostegno di questo blog:



L’Opera Lirica Tra Settecento E Ottocento

Tra Settecento e Ottocento è Gioachino Rossini, a guardare ai due secoli con atteggiamento antiromantico: egli rinnoverà l’opera con un linguaggio ancora classico. Egli riesce a dare una zampata di leone al linguaggio del Settecento facendoci capire che, se avesse voluto, avrebbe potuto perfettamente entrare nel Romanticismo. Basta pensare al Guglielmo Tell, dove c’è un popolo, c’è la Svizzera, c’è la natura, ci sono in altre parole tutti gli elementi del Romanticismo. Egli invece smette di scrivere proprio negli ultimi anni, quando avrebbe potuto entrare tra la schiera dei romantici, dove al posto che scrivere musica faceva lo chef a Parigi e si occupava dei suoi salotti. Ma i capolavori della maturità sono la Petite Messe Solennelle e lo Stabat Mater, le opere buffe e in generale tutta la produzione teatrale degli anni precedenti. In Italia i principali operisti romantici sono Bellini e Donizetti, pensiamo a opere come i Puritani, come Norma, dove ci sono tutti i temi cari all’universo romantico: c’è la notte, c’è l’idea della follia; prendiamo ancora Lucia di Lammermoor, la donna che uccide colui che è stata costretta a sposare la prima notte di nozze. In Donizetti c’è una grande produzione di opere che riproducono veri generi che vanno dalla farsa all’opera semiseria, pensiamo al Don Pasquale, all’Elisir D’Amore che è una specie di farsa ma c’è il tema dell’amore romantico. Bellini invece scrive pochissimo, quattro opere rimaste in repertorio. Bellini era nato a Catania e Donizetti nato a Bergamo, ma se Rossini a Pesaro realizza l’unità d’Italia prima dell’unità politica, mettendo quasi l’intero mondo degli appassionati musicali d’accordo sotto l’insegna della meritata stima, con Donizetti e Bellini non ha più senso parlare di scuole locali: si tratta di musicisti romantici a tutti gli effetti. Il nostro Verdi non è meno romantico di Wagner, ma il romanticismo di Verdi è legato ai tempi della vendetta, dell’amore in una dimensione travolgente, che fa rima con morte: pensiamo a Traviata, a Trovatore e ai temi della vendetta che si trovano in tante sue opere. I temi storici che hanno a che fare col romanticismo nostrano, pensiamo a Nabucco e a Rigoletto, sono via via coronati dal tema della vendetta fino ai lavori della maturità come il Simon Boccanegra. Verdi che non ha un temperamento comico: arriva alle soglie degli ottant’anni a scrivere un capolavoro assoluto come il Falstaff, opera ironica che si rifà al “tutto il mondo è burla” del grande Shakespeare. Verdi che per tutta la vita ha aspirato a scrivere un’opera sulla follia, Re Lear, non ci è mai riuscito. Wagner tutto un altro mondo, perché Verdi mantiene ancora le forme chiuse, aria, recitativo, mentre Wagner va verso l’opera d’arte dell’avvenire, non più miti classici ma miti nordici, Ondine, il Reno, i miti del mondo tedesco dall’Olandese Volante fino al suo capolavoro assoluto che è il Parsifal, col tema medievaleggiante del Santo Graal. Le allusioni alla mitologia nordica si trovano anche in Tristano e Isotta o nel ciclo di quattro opere radunate sotto il titolo di Tetralogia o Anello Del Nibelungo. Wagner che è librettista delle sue stesse opere prima scrive una drammaturgia e poi scrive le sue stesse opere. A sforicare nel teatro di Wagner è il teatro tedesco di Carl Maria Friedrich Ernst von Weber, mentre il romanticismo di Bellini e Donizetti sfocerà in quello di Verdi.

Conclusioni

Un capitolo tutto da aprire sarebbe quello dell’opera romantica francese nell’Ottocento, ma per questo articolo dobbiamo fermarci qui. Non dimenticare d’iscriverti al nostro blog tramite il form mail a comparsa, o di prenotare una lezione privata tramite il pulsante in basso a destra se vuoi approfondire il contenuto di questa pagina, oppure prendere lezioni in una delle materie protagoniste di questo blog. Avremo modo di parlare in dettaglio delle partiture operistiche nella sezione di Analisi Musicale: non perdere le prossime novità, noi ci vediamo nell’articolo di domani!



Matteo Malafronte