Table of Contents
Introduzione
In questo articolo vorrei parlarti nella maniera più pratica e sintetica possibile delle figure di Christoph Willibald Gluck, iniziatore del Classicismo musicale e operista del Settecento, e Raineri De’ Calzabigi, poeta e figura centrale dei processi di riforma musicale attuati dal compositore tedesco. Cercherò di risparmiarti quelle nozioni che potresti trovare ovunque online e di andare dritto ai punti salienti della loro biografia.
Christoph Willibald Gluck e Ranieri De’ Calzabigi
Come abbiamo anticipato nell’introduzione, gran parte della rivoluzione operistica operata da Gluck (1714-1787) è associata alla figura del poeta Ranieri de’ Calzabigi (1714-1795): con lui organizzò un ambizioso progetto musicale, che si articola principalmente in tre lavori redatti nell’arco di circa un decennio: Orfeo ed Euridice (1762), Alceste (1767) e Paride ed Elena (1770). Le ricche prefazioni all’Alceste, probabilmente opera di Raineri, riassumono il credo artistico dei due autori: il primo, era quello di riformare l’opera attraverso un approccio olistico che spaziava dalla progettazione dell’opera a quella della sua messa in scena (in questo modo si evitavano le storpiature delle rielaborazioni teatrali); il secondo, era quello di mettere in dialogo il compositore al poeta, in modo che operassero l’uno nel rispetto dell’arte dell’altro.
L’Opera Seria E La Riforma Gluckiana
Il genere dell’Opera Seria era già da tempo in declino. Questo genere, come abbiamo visto in un precedente articolo che trovi qui, era nato in Italia e da lì aveva assunto, nel Settecento, portata europea. Gradualmente il genere perse il suo prestigio, e studiosi come Arthur Hutchings individuarono le cause di questo declino nella ripetitività: secondo il musicologo inglese, l’opera era stata ripetuta per troppo tempo nello stesso modo e messa troppo al lungo al riparo dal naturale processo di fertilizzazione (parola utilizzata dallo stesso Hutchings) a cui un’opera deve necessariamente andare incontro per generare nuova vita. Questa tendenza critica non è nuova: sono motivi che già nell’Illuminismo, con Francesco Algarotti, venivano messi in risalto per contestare le degenerazioni di questo genere artistico. Con Gluck vediamo un progressivo rispecchiamento dell’opera ai nuovi soggetti sociali e culturali dell’Europa di fine secolo (le nuove scoperte archeologiche a Pompei ed Ercolano contribuirono all’attualizzazione dei temi legati all’antichità classica).
L’Alceste
Alceste (1767) è tra le opere più apprezzate e acclamate della riforma gluckiana. La sua prima rappresentazione ebbe luogo nel Burgtheater di Vienna, con al cembalo nientemeno che Antonio Salieri.
Il successo fu clamoroso, in particolare tra i resoconti dell’epoca leggiamo lo stupore del pubblico per la nuova sintesi attuata nella rappresentazione, che non prevedeva più virtuosismi slanciati. Più avanti in forza del clamoroso successo si contarono cinquanta repliche dello spettacolo; nel 1776 l’opera venne rappresentata a Parigi in una rivisitazione in lingua francese, che è quella a oggi più conosciuta.
Di seguito ti propongo un ascolto e la lettura della prefazione nella prima partitura a stampa.
ALTEZZA REALE! Quando presi a far la musica dell’Alceste mi proposi di spogliarla affatto di tutti quegli abusi che, introdotti o dalla mal întesa vanità dei Cantanti, o dalla troppa compiacenza de’ Maestri, da tanto tempo sfigurano l’Opera italiana, e del più pomposo e più bello di tutti gli spettacoli, ne fanno il più ridicolo e il più noioso. Pensai di restringere la musica al suo vero ufficio di servire la poesia,
Alceste, prefazione a stampa della prima rappresentazione.
per l’espressione e per le situazioni della favola, senza interromper l’azione o raffreddarla con degli inutili superflui ornamenti, e crederei ch’ella far dovesse quel che sopra un ben corretto e ben disposto disegno la vivacità de’ colori e il contrasto bene assortito de lumi e delle ombre che servono ad animare le figura senza alterarne i contorni. Ho immaginato che la sinfonia debba prevenire gli spettatori dell’azione che ha da rappresentarsi, e formare, per dir cosi, l’argomento: che il concerto degli istrumenti abbia a regolarsi a proporzione degl’interessi e della passione, e non lasciare quel tagliente divario nel dialogo fra l’aria e il recitativo, che non tronchi a controsenso il periodo, né interrompa mal a proposito la forza e il caldo dell’azione. […]
Di quest’opera esiste una riduzione pianistica urtext, realizzata molto bene. Lo sparito costa un po’, ma vale assolutamente la pena di averlo nella propria libreria in quanto rappresenta uno strumento di studio fondamentale per riscoprire allo strumento i linguaggi dell’opera. Studiare questa partitura permette non solo di avere sotto le dita gli strumenti essenziali della retorica e della tecnica del canto operistico italiano, ma anche di appropriarti di quei contribuiti attraverso i quali la partitura gluckiana è riuscita a dare nuova vita al genere operistico. Se acquisterai la partitura dal banner che ti lascio qui sopra e di seguito, una piccola percentuale andrà a sostegno di questo blog.
Conclusioni
Per questo articolo sulla riforma gluckiana è tutto, non dimenticare di iscriverti al nostro blog tramite il form dedicato alle notifiche per non perdere le novità sull’argomento. Noi ci vediamo nell’articolo di domani!
- Giuseppe Becce e Camille Saint-Saëns nella Storia del Cinema - Novembre 13, 2023
- Claude Debussy Era Impressionista? - Gennaio 26, 2023
- Arnold Schönberg – Espressionismo, Atonalità e Dodecafonia - Gennaio 23, 2023